lunedì 24 settembre 2007

Pochi piagnistei

Con i se e con i ma, non si va da nessuna parte! Nel suo ultimo commento, Lauriola ha scritto: "L'iniziativa è saltata perchè i presidi regionali del libro non mi hanno dati dei soldi e dell'amministrazione comunale neanche a parlarne". Bene. Faccio, pertanto, delle considerazioni: 1) se dovessimo aspettarci sempre qualcosa dagli altri, Lauriola farebbe bene a chiudere bottega!; 2) i miei precedenti articoli non erano un attacco alla libreria in quanto tale, anzi, nè, tantomeno, alla libraia; 3) nell'invitare gli autori menzionati non volevo di certo ridimensionare la storia locale, fatta di sacrifici umani e abnegazione; 4) il problema è sempre lo stesso: nella nostra città le sagre paesane - che non interessano più a nessuno: basta contare i numeri dei presenti - sono l'esclusiva della città; 5) nessuno ha chiesto a Lauriola di salvare la cultura a San Giovanni Rotondo; 6) ho più volte scritto sull'amministrazione, anche quando era in una botte di ferro - a differenza di Lauriola, brava solo a farlo in privato o quando nessuno le può rispondere, come nel caso che stiamo vivendo - e sulla sua incapacità di governare questo paese: farlo in una circostanza dove a Palazzo di Città regna il nulla più assoluto, sarebbe stato un vano esercizio retorico. Chiarito questo, resto convinto delle mie idee: e cioè che a Lauriola manchino le capacità manageriali per volare alto. Non sara mica un delitto, dire questo! Se poi, un giorno dovesse capire, Lauriola, come funziona una attività che produce cultura e che con essa trae dei profitti, sarò ben lieto di ricredermi.


PS: Conosco Giuseppe Mangiacotti da diversi anni (esattamente dal 2003); me lo ricordo come una persona disponibile, affabile e socievole. Tante volte sono state le occasioni in cui ci siamo confrontati; entrambi abbiamo creduto, e in maniera convinta, nel progetto che il Grande Defenestrato voleva perseguire per il bene della città. Inevitabile è stata la rottura quando, e in tante occasioni, ho preso posizione contro il modo di fare - che tutti abbiamo avuto modo di conoscere - del Grande Defenestrato.
Ho letto quello che ha scritto a proposito degli attacchi che il povero fratellino ha ricevuto in questi anni: "In questi 2 anni e mezzo - è la lamentela di Giuseppe - una mezza dozzina di visitatori del portale grazie a te sono stati autorizzati a scrivere di tutto, avresti avuto avere il dovere professionale (riferito a Giovanni Piano) ma soprattutto morale di filtrare certe calunnie". Mi dispiace essere in disaccordo con Giuseppe: ma il problema è un altro, e cioè che il Grande Defenestrato è stato il primo responsabile dello sfascio che abbiamo sotto gli occhi.
In politica, come nella vita, caro Giuseppe, non contano solo gli onori ma, soprattutto, gli oneri. Il Grande Defenestrato ha voluto, nei due anni di amministrazione, fare e strafare, fregandosene dei consigli, delle critiche, anche dure, che gli sono piovute. La corte dei lacchè, le troppe promesse fatte durante la campagna elettorale, la debolezza di carattere, l'arroganza, la scelta degli uomini, caro Giuseppe, sono stati i punti deboli che, inevitabilmente, hanno portato a questo disastro. Prendersela con un portale di confronto - che secondo me andrebbe impostato in un altro modo: e non mi stancherò mai di dirlo - è troppo facile. Occorre, pertanto, avere il coraggio di ammettere le colpe, gli errori e mettersi, per il bene del paese, da parte. Una volta per tutte. Senza se e senza ma.
In questo caso, quindi, sono dalla parte di Giovanni Piano che, nonostante le censure, ripicche e l'eccessiva morbidezza, va ringraziato per il lavoro - gratutito - che sta facendo per la nostra comunità.
Caro Giuseppe, la libertà d'informazione vale sempre e non solo quando ci si scaglia sugli oppositori. Maturità e buon senso vogliono che si abbia l'onestà intellettuale per comprendere che una avventura - nata sotto i migliori auspici, con gli oltre 8 mila votanti - è finita e che è ora di voltare pagina. Tutto qua.

giovedì 20 settembre 2007

Il re è nudo, finalmente!

Ai nostri politici e a tutti quelli che vogliono intraprendere la carriera politica.



La politica è forse la sola professione per la quale non si ritiene necessaria alcuna preparazione.


(Robert Louis Stevenson)



La notizia mi è giunta tramite un sms. Un caro amico mi ha avvertito: “Francè, l’amministrazione comunale è caduta”. Appena avuta la possibilità di collegarmi ad internet, ho letto quello che riportava la Pravda sangiovannese, ovverosia il portale “sangiovannirotondonet.it”, guidato amabilmente da Catone e Saffo.

L’articolo, sempre equidistante, raccontava solo che l’amministrazione si era sciolta dopo la raccolta delle firme di ben 11 consiglieri comunali, quattro dei quali legati, in qualche modo, al centro-sinistra.

Alla notizia, un moto di sollievo e gioia.

E’ finita un’esperienza iniziata sotto i migliori auspici. Otto mila voti. Tanto entusiasmo, impegno profusi da elettori sinceri e convinti, dagli amici e, infine, dai numerosi lacchè che non mancano mai. Ricordo ancora i discorsi pubblici del defenestrato e umiliato Mangiacotti: “progresso, trasparenza, largo ai giovani, i miei maestri saranno Fiore, Salvemini e Luigi Tamburrano”. Che fine indecorosa, caro Mangiacotti, hai fatto! Una fine indecorosa, dunque, ma strameritata e voluta.

L’ex sindaco è rimasto prigioniero non solo dei suoi arroganti, mediocri, incompetenti assessori e consiglieri (anche quelli privati), ma, soprattutto, delle sue innumerevoli promesse da messia. Promesse, naturalmente, mai mantenute, cambiali non rispettate, progetti tutti in cantiere, attesa rinascita trasformatasi ben presto in incubo. Un incubo amaro, soprattutto per noi poveri e onesti cittadini che nel 2005 lo votammo in massa.

Ricordo ancora, come se fosse adesso, l’intervista che mi rilasciò nell’ottobre scorso a Palazzo di Città. Me lo ricordo quieto, sorridente, falso, bugiardo, ipocrita, docilmente seduto sulla tanto ambita e comoda poltrona che già allora immeritatamente riscaldava. Difendeva il suo operato, difendeva a spada tratta gli amici Siena e Cusenza, con il sorriso sulle labbra accusava me di disfattismo, eccessiva durezza e poco oggettività nelle analisi; era lui, in pratica, che accusava tutto e tutti: l’opposizione, il cosiddetto ceto medio riflessivo e la popolazione tutta. Nelle sue risposte, descriveva una città che, nella dura realtà di tutti giorni, non esisteva affatto. Pontificava ex cathedra, descrivendo, come Berlusconi, il paese dei balocchi: nuove strade, piscina, campi da tennis, soldi per la cultura e chi più ne ha più ne metta. Mentre registravo le sue risposte, dal corridoio del primo piano di Palazzo di Città il via vai di gente era impressionante, mi sembrava, a dire il vero, di essere in un suk a Instanbul dove la gente baratta di tutto. Nel frattempo il Messia seguitava a narrare un paese che non c’era: un paese vuoto, un paese insensibile, stanco e nauseato. Alla Pravda sangiovannese molti navigatori hanno scritto contro l’intera classe dirigente: non sarà, per caso, che essa è lo specchio della popolazione che, due anni or sono, votò per questi politicanti?!

Il grande distributore di mani è l’artefice di questo sfascio: a lui spettavano tanti onori ma, soprattutto, tanti oneri. La bussola che avrebbe dovuto seguirlo lungo tutto il percorso si è smarrita; i consiglieri, come accadde per l’altro disastro di nome Squarcella, ben presto si sono dimostrati degli impenitenti gaffeur, volgari, arroganti e bugiardi.

Qualche giorno fa, in una conversazione avuta a casa dello storico Giuseppe Tamburrano, presidente della Fondazione Nenni a Roma, e bistrattato dalla vecchia amministrazione capeggiata dal grande distributore di mani, discettavamo, in una cornice accogliente dove i libri la facevano da padrone, sul presente della nostra città. Il professore mi ha detto: “Quella città non la riconosco più: da quando mi sono trasferito qui a Roma ha subìto un’involuzione impressionante. Occorre, a questo punto, puntare solo ed esclusivamente sui giovani”.

Lo scenario, adesso, è quanto mai cupo e avvilente. Ancora una volta ci tocca ripartire da zero, nonostante la gente, quella perbene, sia nauseata e schifata. Cosa succederà, dunque?

Quali manovre si metteranno in moto? Chi avrà il coraggio di mettersi in gioco? Quante liste, adesso, si formeranno? Cosa faranno gli attuali componenti dell’intero consiglio comunale? Vedrete che ognuno farà la morale all’altro; ogni gruppuscolo cercherà di sputare fango sulle altre piccole lobby che si annidano tra le torbide stanze dei partiti e di Palazzo di Città.

E chi penserà alla collettività? Quale sarà il demiurgo che con il bastone (senza carota, ovviamente, visti i tempi) detterà i tempi di una attesa rinascita? Mala tempora currunt…



PS: Mi chiedo, inoltre: come farà la Inge Feltrinelli della nostra città, vale a dire Lauriola, a organizzare i suoi mega eventi culturali, Che ne sarà del povero Crisetti, chiamato a giudicare le grandi opere? Come verranno scelti i magnifici Zibaldoni leopardiani che, tra un mignon e un crodino, offerti generosamente dal Pasteus, saranno illustrati nel medesimo centro di ritrovo socio-eno-gastronomico-cultural per la Belle Epoque sangiovannese? E i cenacoli? E le rassegne? Ah dimenticavo… Ha già nel suo fittissimo calendario Travaglio, Stella, Odifreddi, Beha…

lunedì 17 settembre 2007

Senza Parole 2

Tante parole per non dire nulla! L’incapacità di Lauriola di accettare la provocazione e trasformarla in azione concreta è ormai cronica. Il provincialismo di Lauriola è un dato di fatto assolutamente apodittico.

Rispondo al commento della libraia, ponendole qualche umile quesito: come mai in altri paesi molto meno noti del nostro, gli autori accettano di buon grado l’invito a presenziare le loro fatiche letterarie?

Come mai i soldi negli altri paesi – non tanti comunque – si riescono a reperire con una certa facilità, e da noi, nonostante il vorticoso giro di miliardi ruotante intorno alla figura desacralizzata di Padre Pio, si reperiscono solo le briciole?

Come mai – era quello che avevo consigliato – Lauriola non ha chiesto un sostegno economico e sponsorizzazioni varie alle banche, al Comune, agli albergatori o alla Provincia? Valeria, mi sa, vorrebbe avere la botte piena e la moglie ubriaca… e ciò non è assolutamente possibile.

Lauriola, inoltre, dovrebbe sapere che dietro la scrittura di un libro c’è tanta fatica, sacrificio, impegno: mi sembra normale, quindi, che chiedano gli illustri – trattati dalla libraia con un certi disprezzo – un compenso.

Il rovescio della medaglia, però, mette in luce – ma il cervello di Lauriola non ha questa arguzia – che una rassegna letteraria di questo livello, con nomi del genere richiamerebbe gente da tutta la provincia e le permetterebbe davvero di sbarcare il lunario, di farsi un nome e di guadagnare un bel po’ di soldie di aiutare il paese a aprirsi culturalmente. Quando organizzai la presentazione del mio libro, invitai lo storico Beppe Vacca e il deputato Peppino Caldarola. Ebbene: il chiostro comunale era stracolmo, la vendita buona, pubblicità tanta e confronto di livello. E sapete quando spesi per invitare i due relatori: zero euro!

Occorre tanta volontà, voglia di rischiare, poca permalosità, tenacia e pochi fronzoli. Ad oggi, Lauriola non ha dimostrato queste capacità, checché ne dicano lei e i suoi amichetti, poco propensi ad accettare qualche critica, oggettiva e reale.

Se è contenta di quello che ha fatto – Ciccone, D’Apolito, Luciani – stappiamo una bella bottiglia di champagne e, mogi mogi, andiamo tutti a festeggiare la Rinascita socio-culturale di San Giovanni Rotondo e i mega successi di Lauriola e compagnia bella, pronti, inoltre, a cancellare il link del mio blog dal portale Sangiovannirotondonet.it quando si scrive qualcosa di sgradito.

Il mio non è assolutamente astio, ma cerco di raccontare i fatti così come si svolgono; non è mia intenzione – checché se ne dica – diventare il Don Chisciotte della città né, tantomeno, vittima di questa società: ho le spalle troppo larghe. La povera (di tasca e di mente) Lauriola non sapendo a cosa appigliarsi, in un commento prolisso, noioso e ridicolo, si scaglia contro di me solo per coprire le sue copiose defaillances.

E poi basta con questi “vorrei”: se si hanno delle capacità questi “vorrei” possono diventare fatti reali.


 


PS: prenda sul serio quelli che le fanno comodo. Di certo dormirò sonni tranquilli e sereni anche senza il suo avallo.

martedì 11 settembre 2007

Senza Parole

Niente di nuovo sotto il cielo sangiovannese! Sempre la solita solfa. Qualcuno si chiederà: perché Melchionda dice questo? Vi spiego il perché. Mesi fa, subito dopo le feste pasquali, in una conversazione piacevole, la titolare della libreria Fahrenheit, Valeria Lauriola, mi chiese, sapendo dei miei contatti con Roma e Milano, di darle un aiuto nell’organizzare eventi culturali – convegni o presentazioni di libri – di altissimo profilo. Eventi che, al contempo, avrebbero dato lustro alla città – una delle più misere a livello culturale - notorietà e, perché no? soldi a Lauriola.

La mia risposta, al suo invito, fu immediato e disinteressato: era ora – mi dicevo – che qualcuno/a cercasse di fare cose degne di nota. Pertanto, nell’arco di pochissimi giorni, ottenni l’ok di personaggi che nella vita pubblica del Paese esercitano un’influenza di non poco conto.

Per dovere di cronaca, e senza nessun tipo di arroganza o vanteria, vi elenco gli autori che avevano dato la disponibilità a raggiungere San Giovanni Rotondo: Marco Travaglio, Piergiorgio Odifredddi, Candido Cannavò, Olga D’Antona, Gian Antonio Stella, Guido Rossi, Darwin Pastorin, Guido Rossi, Francesco La Licata, Oliviero Beha, Gustavo Zagrebelsky, Massimo Fini e Riccardo Iacona. Quando portai a Lauriola l’elenco, prestigioso, degli scrittori, giuristi, giornalisti che avevano dato l’avallo al mio invito, la sua reazione fu entusiasta. Aveva capito che poteva davvero sbarcare il lunario!

Con il sostegno dei ‘Presidi del Libro’ e i nomi summenzionati, in città si poteva – finalmente! – uscire dal cono d’ombra. Era l’occasione, a mio modesto parere, per sprovincializzare, almeno un po’, San Giovanni Rotondo. A distanza di mesi, oramai, cosa mi ritrovo a leggere sul portale della città? Che l’assessore Crisetti, insieme a Lauriola, Giovanni Piano e Grazia Centra presiederanno la giuria del concorso letterario intitolato: “Amore, amicizia e altri legami”. Per dirla in poche parole, la classica sagra paesana, inutile e ridicola. Stiamo messi davvero male…!



PS: Questo breve resoconto cronistico l’avevo inviato nella sezione dei commenti dell’articolo “La festa dei lettori” sul portale Sangiovannirotondonet.it. Qualcuno mi sa dire per quale motivo mi è stato censurato?

lunedì 14 maggio 2007

Il Partito della Restaurazione

Questa società italiana appare putrefatta e moralmente fiacca. Tutta, non soltanto il governo e il sottogoverno: tra chi sta dentro il palazzo e chi sta fuori c’è corrispondenza. La corruzione dei politici e dei loro manager è una costante della vita politica italiana: nasce soprattutto dal bisogno di procurarsi l’enorme quantità di soldi che i partiti e le loro correnti divorano, coinvolge tutti o quasi, creando una ragnatela di reciproci ricatti.


(Norberto Bobbio)


Durante gli anni del suo segretariato, il Chiacchierone, il Grande Distributore di mani, il Signor Sì (ma solo a parole) della politica sangiovannese, il nuovo Pseudo-Messia della città, l'uomo delle tessere, vale a dire Salvatore Mangiacotti, sindaco diessino – lo spero fervidamente – con i giorni contati a Palazzo di Città, aveva promesso cambi radicali, rivoluzioni, un rinnovamento generazionale, da molti auspicato, all’interno del suo partito; e in effetti, l’avventura partì sotto i migliori auspici: nuove teste pensanti, un programma politico finalmente diverso, riscoperta di ideali coperti fino ad allora da una spessa coltre di indifferenza ma, soprattutto, di ignoranza, entusiasmo alle stelle, volontà di mettersi in gioco furono alla base del successo politico e personale dell’attuale sindaco.

Il gruppo dirigente che gestiva le sorti del partito fu determinante e deciso nell’appoggiare la candidatura a sindaco di Mangiacotti che, più di due anni or sono, aveva tutte le carte per meritarsi quella candidatura: il lavoro da consigliere comunale raccolse applausi, consensi, sostegno anche da quelle persone che politicamente erano schierate con uno dei peggiori centro-destra che la storia politica sangiovannese ricordi.

Quel gruppo dirigente che, nel momento dell’insediamento, si era posto l’obiettivo, ambizioso, di far fare alla politica in generale quel salto di qualità indispensabile, doveroso che tutti attendevano con trepidazione.

Quel salto di qualità che avrebbe dovuto eliminare dall’agone politico tutte quelle persone che al partito e alla città avevano solo fatto del male.

Cos’è avvenuto, nel frattempo? Cos’è mutato nelle stanze della Quercia? Che fine ha fatto quel patrimonio di progetti, idee, speranze, amicizie, sogni? Come mai la casa diessina si è ben presto trasformata in un grandissimo e velenoso viperaio dove tra anfratti più o meno segreti si annidano tante lingue pericolose e cancerose?

In un torno di tempo, però, molto breve, e dopo la parentesi mediocre e avara di risultati concreti di Giuseppe Lauriola – che per l’unità del partito ha rinunciato a denunciare la deriva restauratrice, misoneista, affaristica del medesimo – il partito diessino è ripiombato nella più profonda crisi politica e morale degli ultimi sei anni.

Il bugiardo Mangiacotti, che nel suo periodo migliore aveva promesso, anche pubblicamente, che i vari Dragano, Marcucci, Siena – la triade ‘mitica’ di San Giovanni Rotondo – sarebbero spariti dalla scena politica, perlomeno da quella del partito della Quercia. E invece? E invece i redenti, forti delle tessere a disposizione all’interno dei Ds, sono più che mai vivi; più vitali di qualche anno fa; l’età – che per tutti noi trascorre in maniera inesorabile – per i tre redenti sembra non passare mai.

E per i poveri e comuni mortali le palesi menzogne del sindaco Mangiacotti, si son rivelate vere e proprie mazzate; mazzate che hanno distrutto il sogno di tanti militanti che ancora credono nella politica.

Qual era il sogno che tanti fantasticavano durante la notte? Semplice: che la triade – e a questa ci aggiungo anche i vari Urbano, Longo (il moralista, una volta persa la poltrona di assessore), Ciuffreda (la donna che crede solo in sé stessa), De Angelis (il falso ideologo del partito), Martino (la senilità politica ancora non gli rende chiari i suoi progetti futuri), il disastroso Mangiacotti (ogni mattina, quando mi sveglio, la prima domanda che mi pongo: è la seguente: chi prenderà per i fondelli il signor Sindaco?) – venisse una volta per tutte disintegrata. Era questo, d’altronde, uno degli obiettivi che si erano posti i maggiorenti di allora, di adesso, di domani, di dopodomani e del nuovo millennio…

I sogni, però, si son trasformati in veri e propri incubi: Dragano (il Sommo Poeta del partito, il Dante Alighieri della città), dopo il nulla rasentato in occasione del suo segretariato, e nonostante abbia tuttora la vergognosa impudenza di affermare che con la politica ha ormai chiuso definitivamente, è, a tutti gli effetti, membro del mastodontico direttivo che l’ultimo congresso sezionale ha partorito, così come il sodale Marcucci, sempre sulla cresta dell’onda; Siena, nonostante il palese conflitto d’interessi tra l’incarico pubblico e la professione che esercita, scelto addirittura dal sindaco Mangiacotti come assessore per la sua “comprovata esperienza e capacità”, secondo le parole pronunciate dal sindaco in occasione di un’ intervista.

E gli altri? Cosa hanno fatto gli altri davanti a questo ritorno? Ad un ritorno, povero e miserevole, dello status quo? Semplice: come tante pecorelle ‘smarrite’ si sono accodate al nuovo pastore diessino che dovrà traghettare la Quercia verso la creazione del Partito democratico, vale a dire Colella, il catto-comunista che un giorno incensa la Chiesa e l’altro, invece, benedice il mito di Berlinguer.

È un partito alla deriva, dove l’ateismo è stato sostituito dal più fervido clericalismo, il rinnovamento alla restaurazione, gli ideali al più bieco affarismo, la democrazia all’oligarchia, la visione differente del partito alla formazione di tante minicorrenti l’una in competizione con le altre.

Tutti a lamentarsi dello sfascio del proprio partito, ma nessuno – dico nessuno! – che abbia il coraggio non solo di denunciare il tutto, ma anche di dimettersi dalla carica che ricopre: consigliere, assessore e chi più ne ha ne metta…

È il fallimento, in primis, delle generazione dei cinquantenni-sessantenni, quelli che hanno comandato il partito, prima come comunisti e poi come ex-comunisti, per decenni; ma è il fallimento – e qui sta, forse, forse la gravità della situazione – dei quarantenni, quelli che, oggi, sono nelle stanze dei bottoni, nei saloni decorati del potere, pieni di riverenza e servitù; quel potere che ha offuscato le menti, molto labili, dei governanti diessini, governanti pieni di arroganza e perfidia; quel potere che ha fatto perdere il contatto con la realtà, quella dura e piena di sacrifici a cui la gente è sottoposta. È il fallimento, quindi, di due intere generazioni, verso le quali molti avevano riposte tante speranze. Un fallimento che non ammette scusanti o giustificazioni. Un fallimento partorito volutamente, che ha tante madri e tanti padri.

Per i tanti militanti che hanno creduto seriamente alla politica è giunta l’ora più triste e dolorosa: quella della disillusione, del ritorno a casa, un ritorno mesto, a testa bassa, con la bandiera ripiegata su stessa, una bandiera da riporre nel più nascosto armadio di casa, in attesa – ma ci sarà un’altra occasione di riscossa, mi chiedo? – di una pronta rivincita verso coloro che hanno distrutto, e forse in maniera irreversibile, il sogno di tanti onesti cittadini.

Chiedo in questa occasione: cosa ha impedito, dunque, le pecorelle ‘smarrite’ a tacere per l’ennesima volta di fronte ad uno schiaffo così sonoro e doloroso?

Per quale motivo, dunque, nessuno o quasi, denuncia il fatto che ogni minicorrente presente nel partito ha una certa influenza nelle scelte affaristico-clientelari in base al numero di tessere?

Da che cosa dipende questo atteggiamento volutamente discriminatorio?

Signor Colella, aspettiamo dal suo pulpito una qualche spiegazione in merito.

Sarà vana l’attesa…?

mercoledì 2 maggio 2007

Spazio e fiducia ai ragazzi!

Conosco Claudio Mischitelli da tantissimi anni; in passato, molto prima della ribalta mediatica, e dopo alcuni miei scritti sulla nostra città, ebbi più volte la possibilità di scambiare pareri, idee sui temi che ogni cittadino sangiovannese dovrebbe avere a cuore, ma che – ahimè – poco toccano la sensibilità dei miei concittadini: una politica davvero diversa, l’impegno verso i ragazzi deviati dalle piaghe che tutti conosciamo, le tematiche ambientali di stringente e rilevante interesse etc…

Dopo essere venuto a conoscenza della sua nomina a coordinatore locale di “Forza Italia Giovani” – una sana e pulita novità nel mare magnum asfittico, corrotto e noioso della politica sangiovannese – decisi, dopo un incontro privato, di capire realmente cosa avesse spinto Mischitelli a gettarsi nell’arena politica (un “bellum omnia contra omnes”, secondo la felice espressione del filosofo Hobbes) della nostra città; gli chiesi, pertanto, se aveva voglia di rilasciare un’intervista al sottoscritto: la sua risposta fu immediata e senza nessun tipo di tentennamento. Si vedeva che il giovane coordinatore avesse voglia di parlare, in primis ai suoi coetanei, di esternare il suo pensiero politico – ancora in fase di maturazione. Traspariva anche dal suo gesticolare il desiderio di buttarsi subito a capofitto nell’agone politico. Il lavoro, del resto, che c’è da fare, soprattutto nella sua fazione, è davvero tanto: tenacia, fantasia, senso delle istituzioni, grinta, coraggio, vis polemica non devono assolutamente mancare se veramente si vogliono risollevare le sorti e del partito forzitaliota e della politica della nostra comunità.

Mi lascia ben sperare che un partito come Forza Italia, guidato pro tempore da Santarsiero, abbia deciso di seguire la politica del rinnovamento e del ricambio generazionale: ogni tanto, a mio parere, bisogna investire nei ragazzi, dargli fiducia, saperli aspettare, anche se sbagliano.

Spero solo che la fiducia e la disponibilità che molti nutrono – almeno per ora, giustamente – nei suoi confronti non vengano tradite…




* * *



- Claudio Mischitelli, da qualche giorno ormai, è diventato coordinatore locale del circolo Forza Italia giovani. Com'è maturata tale scelta all'interno del vostro movimento?

- Da parte mia c’è sempre stato interesse verso la politica e verso “Forza Italia”, ma ho deciso di intraprendere solo ora questo percorso sia per motivi anagrafici, sia per le note vicende che hanno portato il partito negli scorsi anni in mano a gente che, a torto o a ragione, non perseguiva i miei obbiettivi, e più in generale quelli che un partito che si presenta come alternativo alle sinistre è tenuto a perseguire. Nel 2005, dopo la batosta elettorale delle amministrative, ci eravamo ripromessi con Alessandro Santarsiero di risentirci non appena ci fossero stati dei segnali positivi. E la telefonata di Alessandro di qualche settimana fa è stata l’inizio di alcuni incontri che hanno sancito il mio ingresso in “Forza Italia Giovani”.


- Il partito di Forza Italia, da anni riversa in una acuta e cronica crisi non solo politica ma anche morale visti anche gli scandali amministrativi perpetrati dall'ex sindaco Squarcella e sodali. Come pensa di attrarre le cosiddette nuove leve, troppo impaurite e nauseate dai torbidi giochi della politica sangiovannese? Con quali atti intende avvicinarsi ai ragazzi?

- Penso che bisogna mettere i ragazzi di ogni ceto sociale e fede politica di fronte allo stato attuale delle cose. Le porto un esempio: se non si interviene sul sistema previdenziale io, lei e la maggior parte dei ragazzi appartenente alla nostra fascia di età non avremo una pensione. E, anche se l’attuale governo cerca di camuffare dietro falsi problemi questa grande piaga del nostro paese, la sinistra radicale non ha intenzione di “ritoccare” il sistema pensionistico attuale. Proprio quella sinistra che si dice così vicina ai giovani ed alle loro problematiche.

Potrei stare qui a citarle una valanga di altri esempi, sugli incentivi ad intraprendere un’attività privata, sulla sicurezza e quant’altro. Ma il problema è far capire a tutti, ed è una battaglia che già combatto quotidianamente, che se non ci svegliamo il collasso del sistema sarà inevitabile.


- Non pensa anche lei che il lavoro più faticoso che l’aspetta, a patto che lei riesca a dimostrare veramente di valere e di contare non solo nel suo partito, sia quello di formare politicamente, culturalmente e civicamente le tante masse giovanili, ignoranti e insensibili sui temi più scottanti? Se sì, attraverso quale percorso formativo?

- Sensibilizzare il giovane su tematiche che si avvicinano molto al “politichese” è indubbiamente difficile, ma un po’ per cultura, un po’ per indole, sono abituato a vedere le cose con un certo ottimismo, anche perché nascondersi dietro al problema non aiuta sicuramente a risolverlo.

Le politiche giovanili per ovvi motivi mi hanno sempre affascinato e cercherò per quel che mi compete di riuscire a far comprendere i problemi e di trovare insieme una soluzione da proporre a chi di competenza.

Per quanto riguarda i temi più scottanti, per non generare ulteriore confusione, mi avvarrò di politici e tecnici del settore che di volta in volta tratteremo. Ho già avuto il piacere di conoscere anche in ambito regionale e nazionale persone molto disponibili in questo senso.


- Nella nostra città – e mi ricollego alla domanda precedente – la politica e l’universo-giovani sembrano due rette parallele che non si incontrano mai; anche negli altri partiti, e in primis in quelli di centro-sinistra, il distacco è sempre più palese.

Ha in mente delle iniziative che chiamino alla partecipazione collettiva anche ragazzi, magari con idee e progetti completamente diversi dai suoi? Se sì, quali sono?

- Com’è giusto che sia in una sana democrazia le varie correnti politiche hanno modi diversi di risolvere i problemi, ma questi ultimi sono comuni a tutti noi. Per questo credo che almeno in ambito giovanile su certe tematiche si possa convergere in soluzioni trasversali. Questo, le assicuro, è uno dei miei obiettivi principali e probabilmente i buoni rapporti che ho con molti dei ragazzi delle altre fazioni politiche potranno essermi d’aiuto.


- In una città come la nostra, dove l’intreccio tra affari, atti amministrativi, misfatti più o meno indecorosi è difficile da districare, un ruolo fondamentale dovrebbe svolgerlo la stampa locale che, a mio modesto parere, sui grandi e delicati temi è pressoché inesistente. Un mio maestro di vita, Paolo Sylos Labini, grande economista e intellettuale, che non ho avuto la fortuna di conoscere, diceva sempre che “ogni partita importante si ‘gioca’ sulla informazione vera dei fatti”.

Avete, magari nell’immediato futuro (spero non troppo lontano), in cantiere la creazione di un foglio d’informazione alternativo, magari ideato proprio dai ragazzi, capaci e coraggiosi, che – è giusto ricordarlo sempre – rappresentano il futuro di questa città, ancorata, purtroppo, a idee, princìpi, stili di vita demodè, arcaici e dannosi? Il destino futuro di questa città, caro Mischitelli, ruota tutto intorno all’informazione, al fatto che la gente, quella onesta e disinteressata, sappia interamente quello che avviene nelle segrete stanze di Palazzo di Città…

- Nella vita ed in politica, nel bene e nel male, la comunicazione è tutto. Ne è la dimostrazione la sconfitta elettorale del Presidente Fitto alle Regionali 2005 che a mio parere ha ben governato, ma non ha saputo comunicare adeguatamente i risultati ottenuti. Fatto sta che ora a “governare” la Regione Puglia c’è il centro-sinistra che ha fatto del bombardamento mediatico con gli slogan che tutti ricordiamo il suo cavallo di battaglia nella campagna elettorale. Certo poi amministrare è tutta un’altra cosa, e ne sono la dimostrazione i risultati di Vendola e compagni, richiamati con durezza al “cambio di rotta” dai propri ministri proprio qualche settimana fa. Per quanto riguarda “Forza Italia Giovani” ci stiamo muovendo sia a livello telematico sia a livello cartaceo con un progetto che illustrerò spero entro le prossime settimane. Questo chiaramente potrà avvenire solo dopo che il gruppo avrà concordato gli scopi da perseguire.


- Molti nostri coetanei, offuscati da certi modelli mediatici, sono stati attratti da una spirale tanto perversa quanto cancerosa: di fronte a determinate e gravissime piaghe sociali, come l’alcool e la droga, che poi sono il rovescio della medaglia dell’enorme ricchezza piovuta immeritatamente su questa città, da ragazzo attento – spero sempre – alle tematiche (e problematiche) dei giovani sangiovannesi, in quale direzione cercherà di orientare l’azione politico-sociale del suo movimento?

- Guardi, potrei iniziare ad elencare in merito le solite frasi fatte, ma cadrei nella più squallida demagogia del benpensante di turno. Il problema è evidente. Manca in gran parte dei ragazzi d’oggi la consapevolezza del limite e un’educazione di base forte. Possiamo star qui a parlare ore ed ore di benessere e quant’altro. Ma se i papà non iniziano a “tirar fuori la cinta” che hanno riposto troppo frettolosamente nell’armadio, ogni discorso è superfluo. Noi nel nostro piccolo cercheremo in ogni modo di fare il nostro dovere.


- Dopo la disastrosa parentesi amministrativa di Squarcella e compagni, la nostra città, dopo un breve periodo di commissariamento, è governata da un sindaco giovane, schierato con il centro-sinistra, capace però di farfugliare tanti bla-bla, e di prendere per i fondelli i tanti simpatizzanti (soprattutto giovani) che avevano creduto in lui. In che modo pensate di incalzare questa sgangherata coalizione, vista la totale nullità dell’opposizione?

- Chiarisco subito, come ho già avuto modo di dirle in un colloquio informale che abbiamo avuto qualche giorno or sono, che nutro profondo rispetto per il Dott. Mangiacotti e gli amministratori della sua coalizione, che sono stati democraticamente eletti dai miei concittadini. E’ sotto gli occhi di tutti però che il paese da due anni è completamente fermo, fatta eccezione per qualche “provvedimento-contentino” che di tanto in tanto il centro-sinistra promuove. La mia opinione resta la stessa di qualche tempo fa: il Dott. Mangiacotti era davvero intenzionato a cambiare il nostro paese e probabilmente era in buona fede quando fece promesse in lungo ed in largo. Il problema, e ritorno a quanto già ho detto prima, è che amministrare è un’altra storia. E il centro-sinistra si è dimostrato come sempre totalmente incapace di farlo, da un lato per una mancanza concreta di idee serie, dall’altro perché prigioniera di chi mette l’interesse dei cittadini sempre in secondo piano. E’ però altrettanto evidente che il centro-destra è ancora in “coma farmacologico” dopo la “calamità politica” dal quale è stato investito negli ultimi anni. Ma la ripresa c’è, le segreterie sono in fermento ed i contatti sono già ben avviati. Sono fiducioso!


- In quale direzione deve muoversi il partito di Forza Italia, attualmente commissariato dal rampante Santarsiero.

Quali sono gli errori che un partito come il vostro – senza radici storiche e culturali e da anni pressoché inesistente – non deve commettere in prospettiva, se veramente vuole rappresentare l’alternativa a questa sinistra?

- Risposta da un lato retorica ma che rispecchia la realtà: bisogna fare un passo alla volta. Partiamo in ogni caso da un dato incoraggiante. Il popolo sangiovannese è vicino al nostro partito e i 2800 voti delle ultime politiche ne sono la testimonianza concreta. Ma la pecca di “Forza Italia”, e lo riconosciamo senza alcun problema, è sempre stata quella della militanza. E questo distacco con i cittadini è reso palese in ambito locale.

Il nostro gruppo cercherà di farsi carico delle aspettative che ogni giovane deve poter pretendere. Il confronto sarà forte e spero costruttivo sia all’interno del partito stesso, sia con le istituzioni.


- La spaventa dover fronteggiare i tantissimi lupi mannari presenti nel suo partito, pronti a tutto pur di raggiungere l’obiettivo, losco e torbido al contempo, che si sono prefissati?


- Un’intervista senza le giuste provocazioni, ”preconfezionata”, perderebbe di enfasi e risulterebbe sterile. Ma nella fattispecie penso sia prematuro fare un processo alle intenzioni di un gruppo che è ancora in via di formazione. E’ chiaro che, se e quando ce ne sarà l’occasione, tirerò fuori la vena polemica e costruttiva che è propria del mio DNA. E le assicuro che certe situazioni, per quanto appaiano quasi ridicole rispetto alle magagne che la parte politica a me avversa sforna in continuazione, non le faremo passare inosservate.

mercoledì 25 aprile 2007

La piaga del lavoro nero

E’ l’informazione sulla verità vera dei fatti che dà coraggio. Solo la verità può rendere liberi quanti oggi non vogliono essere schiavi.


(Paolo Sylos Labini)


Qualche settimana fa, in occasione dello scritto sul fenomeno immigratorio presente nella nostra città, sostenni, seppur en passant e senza dubbi o paure di ritorsioni, che lo sfruttamento (strettamente collegato al problema-razzismo) negli ambienti di lavoro, e in modo particolare nelle decine e decine di alberghi e ristoranti, aveva raggiunto picchi elevatissimi; un fenomeno dilagante, esteso, quasi inestirpabile tanto è la complicità per non dire collusione, a partire dalla popolazione per finire ai vertici delle istituzioni.

In questa occasione, vorrei soffermarmi, quindi, sul lavoro sommerso, su quanto avviene non solo nell'ambito della ristorazione; i tentacoli malevoli e cancerosi del lavoro nero sono estesi anche nei seguenti settori: edilizia, attività commerciali (piccole o medie poco importa), imprese di pulizie; non si può, ovviamente, dimenticare, quello che avviene nelle micro-micro imprese come quelle degli elettricisti, degli imbianchini o dei tubisti: è in questa selva oscura che si annida il precariato e il sommerso.

E se lo sfruttamento, quello più abietto e meschino, colpisce nella stragrande maggioranza dei casi gli immigrati dell’Est europeo e gli extracomunitari, la vergogna del lavoro nero – che tanti guadagni procura ai nostri pseudo-imprenditori – è un fenomeno che oramai interessa anche i cittadini sangiovannesi.

Una illegalità diffusa, percepita dagli abitanti come un qualcosa di assolutamente normale, giusto, regolare.

Quanti, in effetti, si ammutinano di fronte a tale scempio? Quanti, ad essere onesti, decidono di denunciare il tutto alle autorità competenti? Il tanto famigerato, e mai in disuso, embrassons-nous è sempre in voga nella nostra città.

Cosa manca, quindi, perché ci si possa ritenere civili e moderni?

Innanzitutto la cultura della legalità in senso lato, il rispetto per l’uomo e per la sua dignità da troppi calpestata e da nessuno, o quasi, difesa.

Parlando con amici o semplici conoscenti, il quadro dell’attuale situazione è il seguente: si comincia con un periodo di prova (il cosiddetto contratto da apprendista), superata la quale si promettono garanzie, tutele e un lavoro finalmente normale.

Peccato, poi, che le promesse non corrispondano alla realtà vera dei fatti: il lavoro si trasforma in una eterna odissea nella quale le vessazioni, paghe da fame, soprusi e illegalità più o meno diffuse sono il fondamento di una società profondamente incivile e allergica al rispetto di semplici regole.

Molti ragazzi, condizionati anche dall’ignoranza e dall’ottusità mentale dei genitori, sono costretti a subire, e in silenzio lo status quo; altri, invece, stanchi e ribelli della situazione, preferiscono armarsi di pazienza e bagagli e partono per luoghi finora inesplorati ma, forse, più degni di essere vissuti.

Stupisce, in questo quadro così fosco, il silenzio dei sindacati locali, troppo intenti a fare politica e poco propensi ad occuparsi di una questione di fondamentale importanza; stupisce, a dire il vero, la quasi totale mancanza dei controlli degli organi preposti a combattere un fenomeno ormai dilagante come quello del sommerso; stupisce, inoltre, come in occasione dei tanti infortuni sul lavoro vi sia una totale collusione tra le strutture sanitarie e l’azienda del malcapitato.

Quanti dipendenti sangiovannesi irregolari, a dir la verità, sporgono denuncia nei confronti del proprio datore di lavoro? Quanti, nelle nostre strutture sanitarie, cercano di scavare e di andare oltre la verità ufficiale e di interpellare gli organi di giustizia, penale o civile poco importa?

Cosa fanno, inoltre, gli organi di stampa e le istituzioni locali di questa città?

Un silenzio assordante: chi per paura di ritorsioni, chi per interessi più o meno oscuri.

Mesi fa, in una trasmissione televisiva il ministro del Lavoro, Damiano, si vantava – ed era un triste vanto, secondo il mio punto di vista – che l’azione da lui perseguita in tal senso avesse portato a risultati rilevanti; più modestamente penso, invece, che il lavoro fatto – pur essendo nella direzione giusta – sia ancora poco, soprattutto se volgiamo lo sguardo nel triste Meridione.

Occorre inasprire, e di molto, le leggi vigenti: comminare pene pecuniarie altissime per chi, volutamente, omette di regolarizzare il personale assunto; aprire (e chiuderle per tanti anni) le porte di una cella per coloro che invece si macchiano di reati come lo sfruttamento e il caporalato che, nelle nostre zone, come testimoniano le indagini della magistratura, sono ancora presenti.

Basta guardarsi in giro e si comprende come la tracotanza, il senso di onnipotenza e il gusto, sadico, del ricatto verso coloro che hanno un disperato bisogno di lavorare che questi vergognosi commercianti e ridicoli imprenditori sangiovannesi mettono quotidianamente in mostra non ha davvero limiti e freni.

Qualcuno, sfiorando il ridicolo, ha così giustificato il proprio comportamento: “Non posso assumerli e, di conseguenza, regolarizzarli perché non posso permettermi di pagargli i dovuti contributi”. Niente di più falso, se poi si va a guardare il tenore di vita di questi criminali del lavoro: ville, auto e vestiti di lusso vanno a rappresentare i lauti guadagni accumulati sfruttando i tanti disperati che accettano di lavorare in penose condizioni e frodando lo Stato (scaricando ad esempio su di esso gli oneri che, invece, dovrebbero assumersi nel momento in cui decidono di fondare una intrapresa), troppo distratto da altre incombenze, magari anche meno urgenti.