Ai nostri politici e a tutti quelli che vogliono intraprendere la carriera politica.
“La politica è forse la sola professione per la quale non si ritiene necessaria alcuna preparazione”.
(Robert Louis Stevenson)
La notizia mi è giunta tramite un sms. Un caro amico mi ha avvertito: “Francè, l’amministrazione comunale è caduta”. Appena avuta la possibilità di collegarmi ad internet, ho letto quello che riportava la Pravda sangiovannese, ovverosia il portale “sangiovannirotondonet.it”, guidato amabilmente da Catone e Saffo.
L’articolo, sempre equidistante, raccontava solo che l’amministrazione si era sciolta dopo la raccolta delle firme di ben 11 consiglieri comunali, quattro dei quali legati, in qualche modo, al centro-sinistra.
Alla notizia, un moto di sollievo e gioia.
E’ finita un’esperienza iniziata sotto i migliori auspici. Otto mila voti. Tanto entusiasmo, impegno profusi da elettori sinceri e convinti, dagli amici e, infine, dai numerosi lacchè che non mancano mai. Ricordo ancora i discorsi pubblici del defenestrato e umiliato Mangiacotti: “progresso, trasparenza, largo ai giovani, i miei maestri saranno Fiore, Salvemini e Luigi Tamburrano”. Che fine indecorosa, caro Mangiacotti, hai fatto! Una fine indecorosa, dunque, ma strameritata e voluta.
L’ex sindaco è rimasto prigioniero non solo dei suoi arroganti, mediocri, incompetenti assessori e consiglieri (anche quelli privati), ma, soprattutto, delle sue innumerevoli promesse da messia. Promesse, naturalmente, mai mantenute, cambiali non rispettate, progetti tutti in cantiere, attesa rinascita trasformatasi ben presto in incubo. Un incubo amaro, soprattutto per noi poveri e onesti cittadini che nel 2005 lo votammo in massa.
Ricordo ancora, come se fosse adesso, l’intervista che mi rilasciò nell’ottobre scorso a Palazzo di Città. Me lo ricordo quieto, sorridente, falso, bugiardo, ipocrita, docilmente seduto sulla tanto ambita e comoda poltrona che già allora immeritatamente riscaldava. Difendeva il suo operato, difendeva a spada tratta gli amici Siena e Cusenza, con il sorriso sulle labbra accusava me di disfattismo, eccessiva durezza e poco oggettività nelle analisi; era lui, in pratica, che accusava tutto e tutti: l’opposizione, il cosiddetto ceto medio riflessivo e la popolazione tutta. Nelle sue risposte, descriveva una città che, nella dura realtà di tutti giorni, non esisteva affatto. Pontificava ex cathedra, descrivendo, come Berlusconi, il paese dei balocchi: nuove strade, piscina, campi da tennis, soldi per la cultura e chi più ne ha più ne metta. Mentre registravo le sue risposte, dal corridoio del primo piano di Palazzo di Città il via vai di gente era impressionante, mi sembrava, a dire il vero, di essere in un suk a Instanbul dove la gente baratta di tutto. Nel frattempo il Messia seguitava a narrare un paese che non c’era: un paese vuoto, un paese insensibile, stanco e nauseato. Alla Pravda sangiovannese molti navigatori hanno scritto contro l’intera classe dirigente: non sarà, per caso, che essa è lo specchio della popolazione che, due anni or sono, votò per questi politicanti?!
Il grande distributore di mani è l’artefice di questo sfascio: a lui spettavano tanti onori ma, soprattutto, tanti oneri. La bussola che avrebbe dovuto seguirlo lungo tutto il percorso si è smarrita; i consiglieri, come accadde per l’altro disastro di nome Squarcella, ben presto si sono dimostrati degli impenitenti gaffeur, volgari, arroganti e bugiardi.
Qualche giorno fa, in una conversazione avuta a casa dello storico Giuseppe Tamburrano, presidente della Fondazione Nenni a Roma, e bistrattato dalla vecchia amministrazione capeggiata dal grande distributore di mani, discettavamo, in una cornice accogliente dove i libri la facevano da padrone, sul presente della nostra città. Il professore mi ha detto: “Quella città non la riconosco più: da quando mi sono trasferito qui a Roma ha subìto un’involuzione impressionante. Occorre, a questo punto, puntare solo ed esclusivamente sui giovani”.
Lo scenario, adesso, è quanto mai cupo e avvilente. Ancora una volta ci tocca ripartire da zero, nonostante la gente, quella perbene, sia nauseata e schifata. Cosa succederà, dunque?
Quali manovre si metteranno in moto? Chi avrà il coraggio di mettersi in gioco? Quante liste, adesso, si formeranno? Cosa faranno gli attuali componenti dell’intero consiglio comunale? Vedrete che ognuno farà la morale all’altro; ogni gruppuscolo cercherà di sputare fango sulle altre piccole lobby che si annidano tra le torbide stanze dei partiti e di Palazzo di Città.
E chi penserà alla collettività? Quale sarà il demiurgo che con il bastone (senza carota, ovviamente, visti i tempi) detterà i tempi di una attesa rinascita? Mala tempora currunt…
PS: Mi chiedo, inoltre: come farà la Inge Feltrinelli della nostra città, vale a dire Lauriola, a organizzare i suoi mega eventi culturali, Che ne sarà del povero Crisetti, chiamato a giudicare le grandi opere? Come verranno scelti i magnifici Zibaldoni leopardiani che, tra un mignon e un crodino, offerti generosamente dal Pasteus, saranno illustrati nel medesimo centro di ritrovo socio-eno-gastronomico-cultural per la Belle Epoque sangiovannese? E i cenacoli? E le rassegne? Ah dimenticavo… Ha già nel suo fittissimo calendario Travaglio, Stella, Odifreddi, Beha…