Noi giornalisti non siamo preti o suore, ma abbiamo dei valori etici: e questi sono dettati soprattutto dal rispetto di se stessi e dalla professione. Il nostro ruolo è far sì che altri non abusino del potere.
Abraham Abe Rosenthal
Ci si trova sempre in una posizione di contrasto con gli uomini politici. Questo è dovuto al fatto che non desiderano che noi raccontiamo tutto ciò che fanno.
James Reston
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Costituzione italiana, articolo 21
Comincio questo articolo raccontando un aneddoto che spiega in parte le ragioni di questo nuovo commento.
Quando scrissi l’articolo sul convento dei balocchi, mandai il testo integrale del mio scritto, via e-mail, al mio stimatissimo professor Piergiorgio Odifreddi (matematico, logico, editorialista di Repubblica, dell’Espresso, di Scienze, nonché scrittore) col quale sono in contatto da diversi mesi; il caro prof., dopo pochissime ore, mi rispose, scrivendomi testualmente: “Caro Francesco, l’articolo è ben fatto: stai attento a non esagerare con le mie citazioni: ti si potrebbe ritorcere contro”. Mai profezia fu più esatta e giusta!.
Quando un regime – non importa se di natura politica, economica o religiosa – cerca di imporre le sue ferree regole che altro non sono che il rispetto, l’obbedienza, la devozione, il servilismo, il primo passo che si cerca di compiere, e di portare subito a termine, è quello di imbavagliare e restringere i confini della libertà di pensiero e di espressione, diritto fondamentale della società moderna riconosciuto dalla nostra Costituzione.
Un diritto da preservare a tutti i costi: qualora avvenisse una violazione di tale diritto sarebbe sacrosanta una denuncia. Un diritto-dovere che, oramai, sta avviandosi verso la completa estinzione, però. Un diritto-dovere considerato un fastidio.
Guardando quello che avviene nella nostra desolante città, mi viene da dire subito: mala tempora currunt! Strane cose succedono, in effetti, nella bigotta comunità locale, e da tempo, ormai. Lune nere oscurano il già torbido cielo sangiovannese. Tanti corvi neri si annidano nelle stanze del potere; tante museruole sono state comprate dai potentati locali e distribuite a buona parte dei media locali per silenziare i pochi battitori liberi di San Giovanni; tanti Ponzio Pilato e Giuda disposti ad accontentare le alte gerarchie del potere politico-religioso; tante sedicenti anime belle – comuniste, diessine, democristiane e chi più ne ha più ne metta – celeri e ridicole nel definire “qualunquisti” chi osa mettere in discussione il dogma o la verità ufficiale.
Sul terreno intellettuale la schermaglia vale poco più di zero: le cose importanti avvengono dietro le quinte; i nonsense legulei mascherano partite i cui fattori risolutivi spesso stanno altrove. Ad esempio, simpatie più o meno disinteressate ossia quel casus pro amico o liberum iudicis arbitrium al quale Leibinz dedica il IX della Dissertatio de causibus perplexis, favore politico, solidarietà confraterna, baratteria. I bienséants coltivano un eloquio cortigianesco-arcadico.
Cortigiani, dunque, che si gettano all’assalto di chi, da semplice cittadino, cerca di porre all’attenzione della plebaglia sangiovannese problemi evidenti, scottanti, pericolosi; problemi che invece di essere affrontati correttamente, vengono relegati nei più profondi bassifondi.
Cortigiani in carriera, molti dei quali giovinastri e senza nessuna dignità; cortigiani sempre alacri a stendere tappeti rossi al potente di turno, che va riverito, difeso a qualunque costo. Al diavolo la ragione! L’importante è praticare l’arte delle menzogna, gioco sofistico che molti sanno praticare alla perfezione.
Azzeccarbugli alla ricerca di una raccomandazione per poter praticare la carriera forense, capetti di qualunque ufficio stampa degni di essere assunti presso la Pravda di staliniana memoria, giornali mai stanchi di beatificare chi meriterebbe, invece, la galera, chierici dalla doppia, tripla identità, politicanti che gestiscono la pratica della res pubblica come se fosse un giochetto, cittadini passivi ed indifferenti ad ogni pratica segreta e che invece andrebbe seriamente discussa, clientele affamate di appoggi, favori e prebende.
E in questo scenario apocalittico, cosa fanno i nostri media locali, fatta salva qualche lodevole eccezione che quotidianamente si affanna a dare la possibilità di espressione a chi ha qualcosa da dire?
Elogiano, salutano con cori da stadio vecchi e mai desiderati ritorni, fingono che tutto vada per il verso giusto, applaudono ciò che invece andrebbe seriamente criticato, censurano ciò che ai loro occhi potrebbe dar fastidio, intimidiscono chi invece andrebbe sostenuto. Questo è ciò che avviene da anni, purtroppo.
Perchè questo? Semplice: perché si cerca di mantenere una pace (finta e prossima all’implosione) che preservi i tanti e macroscopici interessi presenti nella nostra comunità. Affari che devono procedere a qualunque costo: l’occhio indiscreto di chi cerca di capirci qualcosa non è affatto desiderato. Direi, piuttosto, sconsigliato, pena la denuncia, la querela, la diffamazione personale, il ricatto e, per finire, la censura indiretta, quella perfida e sottile, che, pur non mettendotelo per iscritto, ti fa capire che è meglio lasciar perdere. L’emarginazione è sempre l’arma preferita.
Linee telefoniche bollenti tra i diversi Palazzi del potere, richiami all’ordine costituito, minacce più o meno velate, occhietti dolci per ammorbidire l’intransigente, ammiccamenti, tentativi – riusciti – di mettere la sordina ad un articolo scomodo sono il modo attraverso cui si gestisce la libertà, una libertà, dunque, limitata, vigilata, controllata, punita dai famelici galoppini di ogni colore politico, schiatta e parrocchia. Catto-comunisti in latu sensu uniti da un unico, vero obiettivo: relegare ai margini di questa città i pochi che vogliono fare le pulci a chi agisce in maniera scorretta, per usare un eufemismo. Ugole sguaiate, anime grasse, teste piccole incrudeliscono vomitando loquela ventosa, stupida, malevole, allineati al persecutore
Tanti “ministri” della propaganda stanno crescendo nella nostra comunità. Tanti piccoli Goebbels (uno dei fedelissimi del Fuhrer) vengono allevati con una tecnica, che poi devono metter comunque in pratica, che l’insigne e raffinato giurista Franco Cordero ha saputo descrivere meglio di chiunque altro: “La questione tecnica è come amputare i cervelli. Il primo passo mira all’atrofia dell’immaginazione, facoltà sospetta. I controllori epurano il lessico, estirpando ogni possibile innesco della fantasia: circolano solo più parole neutre, omologate dalle polizie linguistiche; nello stato perfetto l’animale parlante reagisce allo stimolo come i topi d’esperimento; ogni indugio nella scelte verbale segnala curiosità analitiche da stroncare, perché da lì vengono le eresie […]
Nemmeno l’ombra di una dialettica: chierici vaganti mordono e fuggono. L’alterco prende forme evanescenti. Fiorisce l’arte gaglioffa del rompere i discorsi altrui con lazzi, bramiti, borborigmi […] Risentiamo aforismi da bassa sofistica su cosa sia il giusto. Quel che torna comodo al più forte; e gli oracoli applaudono, mentre l’uditorio accoglie rispettosamente qualunque raglio […] Ammettiamolo: è un lusso pensare, obsoleto e pericoloso perché complica la vita senza il minimo profitto”. Il pensiero, d’altronde, come diceva Baruch Spinoza, “non è un pensiero se non è libero”.
Applausi scroscianti per il benefattore o per il mecenate che in cambio della massima e totale fedeltà elargisce doni e pacchi natalizi perenni; invettive e insulti per colui che, vanamente, si tende ad emarginare. Ragli di asini che con la calamita cercano di tenersi stretta la poltrona che nemmeno Dio sa!
Tanti Goebbels e Torquemada, dunque, che si celano vergognosamente: il coraggio di prendere posizione è pura utopia. Un saluto, una pacca sulla spalla e, poi, quando nemmeno te l’aspetti, la pugnalata vigliacca. Tanti Goebbels e Torquemada che vengono vivisezionati, comprati e selezionati per descrivere alla massa ignorante una realtà che in realtà che non esiste. Tanti tribuni dell’Inquisizione pronti a demolire qualsiasi contraddittorio. Tanti omini con la schiena curva, ricurva e obliqua perché, come diceva Brecht, “prima la pancia e poi il resto”. Tanti giullari pronti e proni a recitare una farsa scritta da molti commedianti della politica, della chiesa e dell’imprenditoria (alberghiera ed edile su tutti) che ogni giorno mettono in scena uno squallido spettacolo.
Voglio concludere questo articolo con un piccolo dialogo tratto dal Dizionario filosofico di Voltaire che, a proposito della libertà di pensiero, ha costruito un bel confronto dialettico che, almeno in parte, mi sembra giusto riproporlo:
Boldmind: “Sulla terra ci sono cento religioni, le quali vi dannano tutte se credete ai dogmi del cristianesimo, da loro definiti assurdi ed empi; esaminate dunque questi dogmi”.
Medroso: “Come posso esaminarli? Non sono mica un giacobino”.
Boldmind: “Siete un uomo, e tanto basta”.
Medroso: “Ahimè. Voi siete molto più uomo di me”.
Boldmind: “Imparare a pensare sta solo in voi; voi siete nato in possesso di intelligenza; siete un uccello nella gabbia dell’Inquisizione; il tribunale del Sant’Uffizio vi ha tarpato le ali, ma possono rispuntare. Chi non sa la geometria può impararla; tutto possono istruirsi: è vergognoso lasciare la propria anima in balia di coloro ai quali non affideresti il vostro denaro; non abbiate paura a pensare con la vostra testa”.
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